Sr. Maria Chiara Damato
un’esistenza consacrata a Dio per l’umanità
Scrive Papa Francesco:«Sempre dove sono i consacrati, sempre c’è gioia». Viene da chiedersi: in un mondo come il nostro, pieno di egoismo, di sofferenze e di paura… è ancora possibile la gioia? Il Vangelo continua a gridarci di sì! C’è una gioia che non si può spegnere, perché alimentata dal fuoco del Vangelo; è la gioia che riempie il cuore e la vita di coloro che incontrano Cristo e lasciano ogni cosa per seguirlo, ricalcando le sue stesse orme. Sono i testimoni viventi di Gesù, capaci di trasmettere il Vangelo non a parole, né con grandi opere o progetti da realizzare, ma con la bellezza e la trasparenza della loro stessa umanità. Una persona così la si riconosce a chilometri di distanza… proprio come si vede da lontano, nel buio della notte, la luce delle stelle nel cielo.
Sr. Maria Chiara Damato è una di questi testimoni luminosi. In tutta
la sua vita, come dice la Scrittura, “ha brillato di gioia per il suo
Signore”, proprio come le stelle del cielo. Brillare di gioia per il Signore è la caratteristica che esprime bene la santità delquotidiano che ha vissuto. Chi si accosta a lei attraverso la testimonianza di chi l’ha conosciuta o, meglio ancora, attraverso i suoi scritti, scorge immediatamente la gioia come “leitmotiv” della sua esistenza di consacrata. In lei l’incontro con Cristo ha acceso l’originaria bellezza nel frutto della letizia, rendendola una donna capace di “significare” il mondo, pur vivendo tutta la sua esistenza in Monastero.
Per una clarissa, infatti, “Gioia del Vangelo” significa gioia di Cristo: è Cristo stesso, riconosciuto in tutti gli eventi del quotidiano. Cristo è lo “specchio” al quale conformarsi assumendo il suo stile di vita, adottando i suoi atteggiamenti interiori, lasciandosi invadere del suo Spirito, assimilando la sua logica e la sua scala di valori, condividendo i suoi rischi
e le sue speranze.
Questo è quanto ha fatto di suor M. Chiara, nello scorrere ordinario ma intenso dei suoi trentotto anni, una «viva copia» di Gesù. Tutto ciò che la vita le presentava era occasione per dare ragione della speranza e della gioia che abitavano il suo cuore. Tanto che le difficoltà, le delusioni, le notti oscure dello spirito, le malattie, il declino delle forze, divennero per lei il luogo privilegiato dell’unione con Cristo, permettendole di gustare la gioia di sentirsi simile a Colui che, per amore, non ricusò di subire la croce.
La sofferenza non ebbe la forza di spegnare il suo sorriso e la letizia fu il frutto della presenza benevola di Dio che permeava anche i momenti di acuta sofferenza, come per esempio l’esperienza del bombardamento del 1944 che rase al suolo gran parte del Monastero e nel quale morirono diciotto Sorelle. Nel giugno di quell’anno, scrivendo al fratello diceva: «Nonostante la grande disgrazia di aver perduta la santa casa [Monastero], in seguito a un terrorizzante bombardamento, con diciotto nostre amate consorelle, possiamo ora cantare il “Misericordias Domini in aeternum cantabo” benché sentitamente addolorate… Col cuore profondamente commosso, e con gli occhi bagnati dalle lacrime, posso dirti che il sempre Amabile Gesù Sacramentato si degna di starsene con noi confortandoci nelle mille e dure prove causate dall’orribile guerra».
Anche qualche anno più tardi, quando l’esperienza della malattia l’avrebbe unita sempre di più al suo Sposo Gesù fino al traguardo desiderato, l’incontro a faccia a faccia con Lui, potrà dire: «Sapessi come sono felice, pensando che il mio diletto Gesù mi assimila ogni giorno sempre più con Lui, ripeto, sono arcicontenta… Come sono felice che il buon Dio ha preso questa via per purificare e santificare me, sua indegna serva!». Sì, con l’aiuto della grazia di Dio ha saputo trasformare i momenti di dolore in “perfetta letizia”. Da figlia dei santi Chiara e Francesco d’Assisi, riteneva tutto come una grazia. Aveva capito bene che per farsi santi bisogna imparare a riconoscere la mano del Buon Dio nelle cose che ci accadono, per scorgere nelle traversie e contrarietà di ogni giorno non un ostacolo da abbattere, ma un dono prezioso da accogliere. Anche davanti a ingiustizie e incomprensioni vedeva sempre l’iniziativa personale dell’amore di Dio nei suoi riguardi: erano tutti “confetti” che lo Sposo celeste le elargiva. Inoltre, l’impegno per la salvezza delle anime le faceva superare con coraggio ogni ostacolo, vincendo con il sorriso tutto e tutti. «Sempre col sorriso sulle labbra correva da un lavoro all’altro; era costantemente lieta e non si lamentava mai», ricorda una Sorella.
«Gioisci nel Signore sempre!» scrisse santa Chiara d’Assisi a sant’Agnese di Praga: parole vissute alla lettera da suor M. Chiara. Come ha potuto custodire e nutrire dentro di sé questa gioia luminosa, senza lasciare che il dolore più profondo la offuscasse? Sr. M. Chiara ha seguito docilmente
l’azione dello Spirito Santo, lasciandosi conquistare da Cristo e corrispondendo con la spontaneità del suo amore, perché “un cuore che ama desidera ardentemente far suoi gli interessi della persona amata”.
Ecco davvero una donna innamorata di Cristo e della vocazione ricevuta
che s’impegnò a difendere Dio in sé, riempiendosi sempre di Lui: «Ti chiedo umilmente, o Gesù mio, che non trascorra un solo momento della mia vita senza che il mio pensiero non sia rivolto a te». Pregava frequentemente con queste parole, consapevole che solo rimanendo in Lui la sua gioia poteva essere piena. Come scrisse un altro santo, Giovanni Paolo II: «Il primato di Dio è per l’esistenza umana pienezza di significato e di gioia, perché l’uomo è fatto per Dio ed è inquieto finché in Lui non trova pace».
Sr. M. Chiara ci ricorda proprio questo: che la felicità con la “F” maiuscola è Cristo e per raggiungere la felicità vera bisogna accogliere la sfida evangelica che ci fa passare dal culto dell’esteriorità e dell’apparenza al primato dell’interiorità, il primato dell’essere sul fare e sull’avere, perché questa «è l’immensa e intima gioia di chi può contemplare sin da questo mondo, sulla terra dei viventi, il volto di Dio».
Papa Francesco ricorda che la vita di coloro che sono stati chiamati
a seguire Cristo nella Vita Consacrata deve «gridare al mondo con forza e testimoniare con gioia la santità e la vitalità», perché la loro esistenza è come quella lucerna posta in alto, sul monte, che illumina la vita di ogni cristiano.
L’esistenza della Venerabile Serva di Dio Sr. M. Chiara Damato ci ricorda in modo particolare che vivere il Vangelo non è utopia,
ma realtà. È possibile essere una parola di Vangelo in qualsiasi situazione e vocazione.
«Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia» (Papa Francesco)… la gioia di portare a tutti la consolazione di Dio. Così fece suor M. Chiara nel corso della sua vita, sia in Monastero tra le sue Sorelle, sia con le persone che incontrò durante la sua esistenza, in modo particolare quelle incontrate nei vari ricoveri tra Roma e Bari.
I santi non sono statue da ammirare, ma persone vive, capaci di ridestare in ciascuno di noi quel desiderio profondo di santità che Dio, come un piccolo seme, ha posto nel nostro cuore da sempre. Ecco perché guardando a loro si comprende che la santità è per tutti, come testimoniano queste parole scritte da suor M. Chiara al fratello: «Alla domanda: “ti stai facendo santa?” rispondo: Mio caro fratello, può non santificarsi un’anima che in tutte le ore della sua vita prende dalle mani del suo Creatore con santa gioia le croci giornaliere ora dolorose ora gioiose?». Ciò significa che la santità consiste semplicemente nel vivere in modo straordinario l’ordinario, facendo con generosità e amore la volontà di Dio, «costi quel che costi».